martedì 20 marzo 2012

10 MINUTI DI TRAGITTO LOW COST

Mentre cammino mi chiedo se è stata la cosa giusta da fare. Tentare di formulare chissà quale soluzione, e poi semplicemente camminare senza trovarne una.
Le vetrine del centro sembra corrano via per poi non tornare più indietro, arrivi all'incrocio, guardi a destra mentre aspetti il verde e ritrovi la stessa insegna del negozio precedente. Buffo, incrocio qualche sguardo, penso forse che oggi ho qualcosa che non vada, ma non m'importa, continuo a mantenere lo stesso passo di prima. Avrei dovuto accettare? E il sogno che ho fatto? Sembra buffo anche questo, quando il giorno dopo un giorno qualsiasi tra gli infiniti, anonimi, fra una risata e un'altra con i compagni dell'università, arriva una ragazza che non ho mai visto.
Sorride, parla con un amico e ci scambiamo qualche parola. Stesso viso, stessi atteggiamenti, una copia distorta di me stessa che mi fa male. Il mio viso assume un'espressione singolare nel suo genere. Probabilmente se mi dovessi guardare allo specchio non vedrei me stessa. Poi istantaneamente, come se quello che ho visto fosse solo suggestione, sorrido svogliatamente, e non dando importanza ad un probabile ricambio, mi volto verso il cancello e vado via. Anche le facce sconosciute, possono trafiggerci senza un motivo. 
Vorrei poter dire tante cose adesso che cammino. Queste maledette Camel fanno schifo, e ora come ora vorrei vedere il mondo in bianco e nero. Vorrei schierarmi da una parte, andare a destra o sinistra. Invece oggi c'è il sole, peccato che il cieco davanti a me non lo possa vedere. Gli dico il numero del tram e un passante lo aiuta a salire con una certa difficoltà, data la mole del vecchio. "Mi dia solo il braccio!"  gli dice con voce isterica, quella voce che appartiene a chi si è svegliato solo perché la vita glielo impone. Un uomo che sà di poter vedere solo nero nella sua vita. 
Io posso scegliere. Posso scegliere i colori che userò per scrivere oggi, posso scegliere il destino della mia giornata, oggi.
Oggi.
Mi rendo conto che il tempo vola sempre di più, alcune volte vorrei tornare indietro per ritoccare scorci di vita non andati a buon fine. Ritoccarli, o vomitarci sopra. Ma sono già tornata indietro a Palazzo Nuovo, aula 34, corridoio, e intanto la cinepresa mentale continua a filmare tutto, sala macchinette. Cappuccino macchiato con cioccolato. Bleah. + quattro di zucchero. Quella dietro di me è brutta da far paura. Monociglioebaffi, che detta così, dà proprio il senso del prolungamento, neanche fosse un uomo. Rumore della macchinetta, è pronta la bevanda a 30 cent. Prendo in mano il bicchierino e ci guardo dentro. Non mi ha dato la stecchetta per girare la brodaglia. Occhi al cielo e qualche insulto.
Qualche battuta con le solite facce che si vedono in giro, esco, ultima siga, tram, pullman, incidente e poi si riparte.
Mi tolgo le scarpe e mi butto sul letto. Ripenso a che giornata sia stata questa. A quale mia maschera ho indossato oggi, e quelle che hanno indossato gli altri.
Poi apro il mio cuore e mi ci tuffo dentro.
L'unico posto dove nessuno può piangere.

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