La città d’inverno nella notte vive di soli uomini che urlano timidamente davanti le finestre delle proprie case. Tra i rumori sommessi, le luci ingoiano quei pochi suoni che si annidano ai lati dei palazzi lucidi e anonimi. Ci sono coperte pesanti che coprono corpi nudi e corpi nudi che coprono altri corpi nudi. Il calore è raccolto in un abbraccio, è vicino al gatto che goffamente si muove sul letto dei padroni, mentre dentro un qualsiasi androne di una vecchia casa storica, si alita un debole fiato.
I passi sono sempre ben presenti la notte, quando fa freddo. Con un cappotto addosso si taglia l’aria, si taglia l’aria con un bacio fuggevole e si taglia ancora l’aria ad ogni parola pronunciata. Tutto ha un peso diverso e nella notte non possiamo far altro che ignorarlo.
La città d’inverno mostra sempre la seconda parte che è in noi. La parte più vera, più spensierata, la parte più magica e misteriosa. Quella passionale, egocentrica, la notte ci mostra sempre la misura della nostra solitudine. A volte è un abisso.
O forse siamo noi l’abisso.
La città nella notte vive di soli uomini che non hanno paura di chiudere gli occhi e sentirsi soli.